di Doriano Rabotti

Non c’è futuro senza passato. Chi va a zonzo su Internet corre un rischio, figlio del nostro tempo ormai diviso in ‘reale’ e ‘differito’: quello di scordarsi che fino all’altro ieri il presente era figlio del passato e portava a un futuro.
Questo po’ po’ (o si scriverà popò?) di introduzione serve per spiegare qual’è lo spirito che anima il viaggio che ci apprestiamo a fare. Un viaggio nel tempo.
Quelle che vedete sono alcune foto tratte dalla preziosissima collezione del commendator Roberto Costi, conosciuto a Sassuolo soprattutto perché da sempre gestisce il teatro Carani, che porta lo stesso amore alla sua città.
E’ tanto sassolese, Costi, da aver raccolto negli anni le immagini della capitale delle piastrelle che cambiava. Qualche tempo fa, le riproduzioni delle cartoline originali furono anche messe in vendita a scopo benefico, dopo una mostra che ha fatto fare un bel salto all’indietro a chi ha visto una Sassuolo diversa.
Nel nostro piccolo proveremo a fare lo stesso, a mostrare alcune schegge quasi irriconoscibili della città.


La prima, è del 1919 e mostra un angolo del centro accessibile oggi solo ai pedoni, in quella che si chiama ancora via Fenuzzi. Dietro si intravede il campanone di piazza Garibaldi, ma interessante è la porticina a destra che reca la scritta, scarsamente leggibile, "Carcere Mandamentale". Si può notare una grata, e in effetti quella era la galera di Sassuolo. Oggi studiosi di tutta Europa vengono a visitare lo stabile, e ad elogiare il modo in cui è stato restaurato.
Già, perché nel frattempo in via Fenuzzi è sorto il municipio. Dove una volta stavano galeotti, ora siedono sindaci, vice e assessori vari. Risparmieremo qui battute fin troppo scontate, certo che di solito il tragitto è inverso: prima si fa politica, poi si va in galera. Almeno, questo suggerirebbero le varie Tangentopoli.


Quest'altra foto è ancora più stridente con il presente: via Umberto I era all’inizio degli anni Venti il nome dell’odierna via Mazzini, qui fotografata all’incrocio con viale XX Settembre. Gli edifici sulla destra sono stati quasi tutti distrutti negli anni Sessanta, tranne l’ultimo in fondo, noto come Villa Guerzoni. All’orizzonte si intravedono le colline, non c’è traccia dei panettoni di pietra che oggi impediscono il transito verso lo stadio. A dire il vero non c’è neanche traccia delle macchine che intasano oggi la via, ma questo è un discorso che ci porterebbe lontano.
Per il momento fermiamoci qui. Nel prossimo numero di Giramondo altre foto dall’album di famiglia della città.


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