L'albero della libertà


Durante la rivoluzione francese per festeggiare l'abolizione della tirannide e il ritorno della libertà i repubblicani piantano l'"Albero della libertà"; succede a Parigi la prima volta nel 1790, poi un po' dappertutto dove trionfano i rivoluzionari.

Un decreto della Convenzione del 1792 ne regola l'uso: l'albero della libertà è sormontato da un berretto frigio rosso e adorno di bandiere, ai suoi piedi giurano i magistrati, si bruciano i diplomi nobiliari e si danza la "Carmagnola". Anche a Reggio in occasione della cacciata degli Estensi fa la sua comparsa in Piazza Grande (ora Piazza Prampolini), un albero della libertà o meglio, nel giro di poche ore, addirittura due.

Nella notte tra il 25 e 26 agosto 1796 i patrioti reggiani, aiutati da un gruppo di barcaioli corsi, vanno al bastione S. Cosmo (nei pressi dell'odierno Corso Cairoli), divelgono un Gelso e lo portano in piazza a simboleggiare il ritorno della libertà. Lo appoggiano ad un muro e pongono alcuni uomini armati a guardia, in questa operazione è coinvolto anche il nostro concittadino Filippo Re che segue le orme del fratello Antonio. Il mattino dopo arrivano i francesi che si recano allo Stradone, questo il nome della strada che portava alla villa di Rivalta, ora viale Umberto I che, come abbiamo scritto, era stata abbellita con 2000 pioppe e tagliano un "pioppo altissimo" e lo pongono nel bel mezzo di Piazza grande.

Andrea Balletti, il grande storico reggiano afferma che questa sostituzione di alberi avviene perché il Gelso dei reggiani era "gobbo e meschino", noi crediamo però che la sostituzione sia avvenuta non solo per le dimensioni della pianta, ma anche perché l'albero della libertà doveva essere un Pioppo e non un Gelso: ricordiamo che il nome scientifico del Pioppo è Populos, la pianta del popolo. Quali che siano le vere ragioni di questa sostituzione rimane il fatto che sulla nuova pianta viene posta la scritta "Tremate o tiranni, tremate o perfidi, alla vista della sacra immagine della libertà!" e subito cominciano i balli, i canti, i festeggiamenti intorno al Pioppo, guardato a vista da 40 cittadini in arme. Di lì a qualche mese, il 7 gennaio dell'anno successivo, sarebbe nato a Reggio il Tricolore, la bandiera della Repubblica Cispadana.

Anche il Pioppo dei francesi, dopo qualche tempo è sostituito; questa volta l'albero è "ben piallato, ricco di figure dei Bruti, di Regolo e di Catone ed adorno di bandiere ed epigrafi". Di alberi della libertà ne vengono piantati successivamente un po' in tutte le piazze: ce n'è uno di fronte al Cristo, uno in piazza d'armi con il ritratto di Bruto, uno sull'arco del Broletto sormontato da un berretto frigio, una trentina se si considera anche la campagna, messi a dimora con solenni celebrazioni o abbattuti con violenza a seconda che prevalgano in città i "repubblicani " o i "reazionari".


Nell'immagine i giacobini innalzano un albero della libertà.




Ugo Pellini



La storia di Reggio attraverso gli alberi


© 1996 Giramondo
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