Gli alberi delle case rurali


una tipica casa rurale circondata da alberiGli alberi più frequenti nelle nostre campagne erano le querce, l’Olmo e l’Acero campestre per la piantata padana, il Salice capitozzato lungo i fossi, il Gelso per la coltivazione del baco da seta oltre, si intende, gli alberi da frutta.

Fino a qualche anno fa e in alcuni casi anche adesso era possibile individuare il verde caratteristico e gli alberi particolari che circondavano le case rurali. Prima che esplodesse, a partire dagli anni 60, la moda delle piante ornamentali sempreverdi ad imitazione delle case padronali, esisteva anche per quel che riguarda le piante, una logica di messa a dimora.

Per il contadino tutti gli spazi dovevano essere funzionali ad una precisa finalità economica; non quindi pini, cipressi o tuie, ma alberi "utili".

In pianura vicino a casa, nel luogo maggiormente esposto al calore solare, non mancava il fico. "Spesso veniva piantato- affermano Bruno Grulli e Riccardo Bertani in un loro saggio su "Le case rurali nel forese di Reggio"- davanti alla stalla per un duplice scopo: durante l’inverno la pianta usufruiva del calore della stalla e viceversa durante l’estate contribuiva a mantenere freschi i muri della stalla". In effetti il Fico è una pianta di origine mediterranea che sappiamo introdotta nelle nostre parti da secoli (abbiamo testimoniata la sua presenza nelle zona di Albinea già nel Medioevo), teme le gelate invernali e sopravvive solo se vegeta in luoghi riparati.

"Ai lati di quasi tutte le aie contadine - proseguono Grulli e Bertani - si trovava un grande albero di noce il quale, oltre a fornire le noci per l’inverno, costituiva d’estate un ombreggiato riparo per i carri, per gli attrezzi e naturalmente per gli uomini". Chiaramente anche il legno che la pianta di Noce forniva aveva ed ha ancora un valore economico non indifferente.

Il Sambuco veniva piantato nel lato nord ovest della casa; questa pianta aveva soprattutto un valore per le sue qualità officinali, per curare cioè con decotti e infusi che si ricavano dalle sue parti, le malattie che colpivano le bestie e gli uomini.

Intorno all’aia o comunque vicino a casa (per evitare i furti) c’erano gli alberi da frutta; per lo più ciliegie, prugne e mele. Non coltivazioni specializzate come adesso con ogni tipo di varietà (comprese quelle esotiche), ma comunque sufficienti per integrare in alcuni momenti l’alimentazione del contadino.

Singolare, come voleva una vecchia usanza, l’abitudine di piantare dei pioppi nella casa del contadino dove nasceva una figlia femmina. Per ricavare i soldi da spendere al momento del suo matrimonio (un tempo si era più previdenti) venivano piantati dei pioppi che sarebbero stati tagliati dopo circa 20 anni. Il ricavato serviva per la dote; i tempi sono cambiati, ora i pioppi ottenuti da incroci vari sono pronti dopo 7 o 8 anni, in compenso l’età media del matrimonio è quasi sui trenta!.

Un’ultima considerazione su una pianta che troviamo solo di recente sull’aia e che molti credono caratteristica del nostro paesaggio: il Salice piangente: A differenza del Salice bianco, utilizzato per fare legacci e pertiche, il Salice piangente (Salix babilonica, quindi neppure autoctono) è stato introdotto solo per " spirito di emulazione dei giardini delle case padronali " concludono Grulli e Bertani.


nell’immagine una tipica casa rurale circondata da alberi


 

Ugo Pellini

La storia di Reggio attraverso gli alberi

© 1998 Giramondo 
PIANETA s.r.l.