Le siepi partigiane


Alberi in campo anche durante la seconda guerra mondiale; a partire dal settembre 1943 molti giovani si danno "alla macchia" e cercano rifugio nei boschi.

L’espressione darsi alla macchia ha ora assunto proprio il significato di "nascondersi per evitare la cattura o diventare partigiano". Addirittura i partigiani francesi erano chiamati "maquis", da macchia. E’ proprio in montagna che anche da noi si organizzano e si formano i primi nuclei di partigiani dove cioè è più facile la vita clandestina.

"La montagna e il bosco sono gli ambienti tipici della guerriglia- si legge in "Elementi di tattica partigiana" manuale dei distaccamenti e delle Brigate Garibaldi- perché compartimentano il terreno in zone di difficile percorribilità e di scarse risorse, con tutti i riflessi d’ordine tattico e logistico".

Anche se molti consideravano la pianura un territorio poco adatto alla guerriglia, soprattutto nella nostra provincia il paesaggio cosiddetto agrario con la presenza di canali, argini, piantata e siepi diventa ambiente favorevole per molte azioni partigiane.

"Molti partigiani- scrive Luigi Arbizzani nel suo "Habitat e partigiani in Emilia Romagna"- debbono la loro salvezza ai filari di alberi della piantata padana che percorsi verticalmente a sinusoide fungevano da schermo a chi tentava di sottrarsi ai colpi d’infilata delle armi da fuoco".

"Nell’estate del 1944 -la fonte è sempre Arbizzani- anche le siepi diventano elemento decisivo dello scontro tra le opposte parti". Al loro riparo i gappisti organizzano agguati ai trasporti e ai tedeschi e fascisti".

La situazione diventa talmente grave che il capo della provincia di Reggio è costretto ad emettere un decreto nel quale si impone il taglio di tutte le siepi a ridosso delle strade.

Enzo Savorgnan, il capo della Provincia di Reggio -considerata la necessità di tutelare la sicurezza pubblica sulle strade di intenso traffico della provincia, decreta:

"art 1) I proprietari o conduttori di terreni agrari o boschivi sono obbligati ad eseguire il taglio di tutte le siepi vive o morte di qualsiasi specie esse siano costituite, poste al margine delle strade statali, provinciali e comunali nonché quelle costituite per la delimitazione dei poderi nel caso che questi abbiano in linea d’aria la distanza inferiore a m. 300 dalle predette strade.

art.2) Il taglio dovrà essere eseguito a cura dei proprietari o conduttori a regola d’arte con strumenti ben taglienti e all’altezza di m. 0,30 da terra a fila semplice e non superante lo spessore di cm. 20.

...... i tagli di cui sopra devono essere effettuati entro e non oltre il 20 giugno 1944-XXII".

Non tutti i contadini effettuano i tagli ed allora il termine viene prorogato al 20 agosto.....

Tutti sappiamo come è poi andata a finire, quello che però rispetto alle siepi non riuscirono ad ottenere i fascisti è stato effettuato dal "progresso" del dopoguerra e dalla meccanizzazione agricola.

Le coltivazioni intensive e le grandi estensioni di monocolture hanno fatto sparire la piantata padana e anche le siepi sono ormai rimaste un ricordo del tempo che fu.

Dalle estese foreste di querce dei Celti siamo passati alla "steppa a cereali" e di alberi non è che ne siano rimasti poi tanti.


nell’immagine Corso Garibaldi nel 1940


 

Ugo Pellini

La storia di Reggio attraverso gli alberi

© 1996 Giramondo 
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