L'Orto botanico di Reggio


Reggio ha avuto il massimo splendore tra il XVII e il XIX° secolo non solo perché ha dato i natali a scienziati del valore di Spallanzani, Corti, Vallisneri e Filippo Re, ma anche perché, per un certo periodo, è stata un centro importante della vita politica e culturale d'Italia.

In quegli anni la nostra città era dotata pure di un Orto Botanico, quando ancora in tutta Italia non se ne contavano che una ventina; l'istituzione dell'Orto era avvenuta nel 1810 sulle mura del bastione di S. Stefano.

A fondare questo orto fu il professore Claudio Fossa; la nostra città era allora sede di un Liceo che aveva un carattere universitario e non era subalterna, come lo era stata col ducato estense a Modena. Purtroppo la fine del Regno d'Italia napoleonico e il ritorno del Duca comportò la chiusura, dopo solo quattro anni di vita, di questa struttura. Si arrivò addirittura a portare a Modena, su sollecitazione di Filippo Re, che insegnava all'Università, una trentina di vasi con le piante del nostro Orto.

Quello fondato da Fossa è stato il primo ed unico Orto botanico pubblico esistito nella nostra città: istituito cioè per la classificazione e lo studio delle piante. Anche se spesso si usa questo termine impropriamente non ebbero mai ad esempio tale peculiarità il Giardino della famigli Vicedomini o lo stesso giardino di via Fontanelli di Filippo Re.

L'Orto di Reggio, dopo solo un anno dalla sua fondazione contava ben 1178 piante tra specie e varietà; esiste ancora il catalogo, curato dallo stesso Fossa, che le elenca tutte in ordine alfabetico, come usava allora. Se andiamo ad analizzare tale elenco scopriamo che tra gli alberi autoctoni erano presenti ad esempio il Carpino, il Nocciolo, il Frassino, il Ginepro, il Nespolo, il Prugnolo, il Pero cotogno il Tiglio e l'Olmo, ma mancavano inspiegabilmente le querce ed il Pino silvestre. Era un'Orto costituito in prevalenza di specie esotiche come la Fitolacca, la Gledizzia, la Mimosa, l'Albero di Giuda, il Cactus, la Catalpa di allora recente importazione.

Curiosa la presenza dell'Amorpha fruticosa e della Solidago canadensis, allora assai rare ed inconsuete, diventate ora diffuse e infestanti nelle aree coltivate a pioppeto. Consistente, sempre a scorrere questo elenco, il numero delle erbe: c'era l'Alchechengi, l'Agave americana e numerose piante definite "tinctorie" particolarmente usate come coloranti. Tra le specie nostrane sicuramente significativa la presenza delle Orchidee, tra queste anche la Orchis militaris, segnalata solo in questi ultimi anni, dopo che era stata ritenuta estinta nel reggiano.

L'Orto aveva un'estensione di circa 3000 metri quadrati ed era dotato, nella casa annessa, di una stufa di notevoli dimensioni che permetteva la sopravvivenza a tante specie esotiche di paesi caldi e non mancava neppure un frigidarium per le piante che prediligono il freddo. Come abbiamo ricordato, con la Restaurazione l'Orto venne chiuso; dopo qualche anno fu trasformato in un semplice campo coltivato e più tardi, con l'abbattimento dei bastioni e delle mura della città, lasciò il posto all'attuale piazzale di Porta S.Stefano. I due giardinetti, oggi ai lati di Porta S.Stefano, sono quel poco di verde rimasto dell'antico Orto botanico di Reggio.


Nell'immagine il documento che sancisce la chiusura dell'Orto di Reggio.




Ugo Pellini



La storia di Reggio attraverso gli alberi


© 1996 Giramondo
PIANETA s.r.l.