La coltivazione del Gelso


Nel 1502 si stabilisce a Reggio mastro Antonio da Genova, artigiano della seta, accolto dagli Anziani, dicono le cronache, con il massimo favore. E' infatti "raccomandato" nientemeno che da Lucrezia Borgia, da pochi mesi duchessa di Ferrara, che presenta ai reggiani con una lettera "il sedaiolo mastro Antonio da Zenua che intende exercitare appresso de questo Magnifica comunità el magisterio de arte sua ".

Il Governo locale si vede costretto a favorire in tutti i modi questa attività risolvendo in breve tempo tutte le questioni formali di giurisprudenza, facilitando le esenzioni dai dazi per quel che riguardava il trasporto. Si avvia così a Reggio la manifattura della seta e si comincia a ricercare la piena autonomia per quel che riguarda la materia prima; si provvede quindi a diffondere il più possibile nelle campagne e nelle colline la coltivazione del Gelso per nutrire il baco da seta.

I gelsi vengono protetti e nel 1509 si arriva a minacciare pene severe per chi li danneggia o asporta " gli arbores morum piantati in grandissima copia per cavarvi il serico". Si stabiliscono altresì premi per i delatori perché si deve fare in modo che si diffondano " ad bonum e utilitate universalium", insomma per il bene comune. I drappi reggiani vengono esportati in tutto il mondo, l'arte della seta ha successo, diviene l'attività prevalente della città che dà lavoro ad almeno 5mila persone tra uomini e donne. Inevitabilmente c'è sempre chi approfitta e per guadagnare di più utilizza filati di qualità scadente: fustigazioni, tagli della lingua, galera ed impiccagioni sono le pene previste da gride per chi viene colto sul fatto.

"Non si deve credere però che il Gelso sia stato introdotto da noi solo nel 500: -dice lo storico Alcide Spaggiari- sappiamo infatti che Reggio produceva ed esportava fin dalla fine del secolo sedicesimo gran quantità di setacci che, come dice il nome, avevano la rete di fili ritorti di seta, non essendosi ancora trovato il modo di ridurre i fili di ferro alle eseguità delle dimensioni volute". "Perciò- conclude Spaggiari- dovevano già esistere i gelsi e l'allevamento del baco da seta ed una prima rudimentale arte di ritorcere la seta, almeno per i fili delle reti dei setacci".

E' comunque con l'arrivo a Reggio del mastro Antonio che i filari di gelsi per la produzione del bozzolo diventano un componente fondamentale del paesaggio dell'età moderna. L'anno 1583 segna l'apice della produzione manifatturiera, ma da allora l'arte della seta registra una progressiva flessione. Secondo il giudizio degli osservatori di quel tempo la decadenza dell'arte della seta è dovuta principalmente alla chiusura dei mercati internazionali e nazionali, al miope controllo delle corporazioni, all'eccessivo costo del lavoro rispetto ai paesi concorrenti. Un po' come avviene anche adesso si passa dalla crisi alla ripresa e nel 1663 si arriva a piantare gelsi sulle mura e terrapieni della città: è addirittura il Comune ad organizzare la piantumazione.

Scorrendo rapidamente le vicende del Gelso e della seta nella nostra città scopriamo che nel 1847 vengono addirittura censiti tutti gli alberi della provincia: di gelsi ce ne sono secondo il lavoro di tale Giacinto Scelsi ben 2671O1. Nel censimento del 1929 invece emerge la definitiva tendenza all'abbandono della coltura tessile in tutta la Pianura padana con il numero di gelsi che si riduce di ben 200mila unità. Singolare la storia di questa pianta sopravvissuta all'arte della seta anche grazie alla sua grande adattabilità al nostro clima (ricordiamo che il Gelso non è autoctono); alcuni bei filari di questa specie si possono ancora ammirare a Calerno (S. Ilario) dove un bel filare è addirittura protetto dalla legge regionale che vincola le piante monumentali. Altri bei filari di gelso vegetano a Codemondo sulla stradina che porta alla stazione, nei pressi di Canali, vicino a Gaida.

Un'ultima precisazione: i gelsi da noi sono due (in dialetto entrambi sono chiamati mor), il Gelso bianco (Morus alba), la pianta utilizzata per la coltivazione del baco e il Gelso nero (Morus nigra), che ha le foglie e frutti più scuri e coltivato soprattutto per il frutto. Quello coltivato nell'Impero bizantino e arrivato dalla Cina attraverso la Persia era il Gelso bianco.


Nell’immagine un filare di gelsi ancora presenti in Comune di Reggio .




Ugo Pellini



La storia di Reggio attraverso gli alberi


© 1996 Giramondo
PIANETA s.r.l.