Il Gaium regiense
In un codice longobardo del 772 dei re Desiderio e Adelchi si parla del "Gaium regiensi", una selva collocabile tra la bassa reggiana e modenese. I due re longobardi donano infatti una parte di questa immensa foresta alla figlia di Desiderio, Anselperga, badessa del Monastero benedettino di S. Salvatore e S. Giulia nella cittą di Brescia.
A definire i limiti di questa donazione viene chiamato uno scrupoloso waldeman (il guardaboschi o sovraintendente della foresta) di nome Bono che descrive il perimetro con grande precisione.
Nel documento si legge infatti "...elargiamo terra, boschi, sterpeti e prati, per un totale di quattromila iugeri tondi (circa 32 Km quadrati) ..... I beni conferiti hanno come confine: la siepe delimitante la corte Migliarina; il loppio inciso che si erge tra le pertinenze del Monastero di Leno....; la ripa che si stende lungo il Secchia; poi al di là degli sterpeti, il corniolo segnato, il carpine grosso, il loppio e il rovere marcato con lettera omega; il rovere bruciato, il rovere verde perforato, la terra in margine che viene da Ariolas, costeggiata da un filare di alberi intagliati con il segno omega.........".
Come si nota gli alberi sono indicati con il loro nome (ricordiamo che la nomenclatura binomia di Linneo è di mille anni dopo: il loppio è l'Acero campestre mentre i roveri citati sono in realtà delle farnie).
Proseguendo nella lettura del documento troviamo ancora ".... un prato individuabile da una stele fittile e da un pero inciso; uno sterpeto che mena ad una pertica biforcuta ed ad un altro perastro inciso (Pero selvatico); di nuovo una stele fittile, poi un rovere segnato che indirizza, tagliando per un prato in terra di Atto, al boschetto di frassini detto il toseto. Il perimetro si chiude "con il loppio inciso da cui si era partiti".
Brunetto Carboni, uno storico reggiano del medioevo, ha individuato il perimetro di questa zona; "il contorno è racchiuso - dice Carboni - dalle odierne località di Migliarina, Budrione, Novi di Modena, Rolo, Bedollo, Fabbrico, Campagnola, Rio Saliceto e Migliarina". Per lo storico reggiano questo bosco non esisteva in etè romana e si diffuse a partire del VI secolo in conseguenza di un generale rinselvatichimento della zona; nella seconda metà dell'VIII secolo presentava le caratteristiche di una selva maggiore, avendo una consistenza di alberi ad alto fusto nel pieno dello sviluppo.
Da libera selva divenne foresta pertinente al fisco regio, estendendosi per decina di migliaia di iugeri (inserita nella più ampia foresta padana che arrivava fino a sei chilometri da Reggio ).
Rappresentò per le popolazioni sempre fonte di benessere, permettendo la caccia, l'allevamento brado, la raccolta dei prodotti silvestri e della legna; in un atto del 1211 si dichiarava che per antica consuetudine vi sussisteva "Usanciam boschizandi et incidendi et asportandi et utendi".

Nell'immagine il re longobardo Adelchi.






Ugo Pellini



La storia di Reggio attraverso gli alberi


© 1996 Giramondo
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