CHERI SAMBA

Intervista di Gian Marco Montesano

Ospite di Fabbrica Italiana d'Arte è, questo mese, Chèri Samba artista nato il 30 dicembre 1956 nel Basso Zaire a Kinito Mvulta.
OPERE RECENTI mostra personale tenutasi nell’ottobre 1992 presso lo STUDIO D’ARTE RAFFAELLI DI TRENTO.
Ho scelto questo artista perchè credo che sia uno dei più interessanti artisti fra quelli contemporanei e straordinaria è la sua avventura, da un piccolo paese africano a tutti i più importanti musei d’arte contemporanea. Tratta in modo poetico i più toccanti problemi sociali del suo popolo proponendosi con un’arte antiaccademica piena di novità e simpatia.

Francesco Frigieri

Proprio negli anni ottanta - credo nel 1982 - sei stato presentato in Europa dalla rivista francese "Actuel" poi, in crescendo, fino all’invito per "Magiciens de la terre", nel 1989.... Una poetica come la tua così legata allo Zaire, anzi, incentrata sulle suggestioni di Kinshasa, insomma questa differenza sottolineata, inscritta nell’indifferenza occidentale anni ’80 che impressione ti fa?
Ho soddisfatto ordinazioni su ordinazioni senza mai fare qualcosa per me. Come iniziavo un quadro c’era sempre qualcuno che veniva a Kinshasa per chiedermi cosa avrei dipinto. Io raccontavo la storia che avrei sviluppato nel quadro e, alla fine, mi dicevano sempre: "riservi per me questa tela". D’accordo, questo è dovuto alla grande quantità di richieste, quello che più mi rattrista di questa storia è il fatto che ciò che faccio passa inosservato a Kinshasa. Il mio vero pubblico è di Kinshasa ma non ha i mezzi per acquistare opere d’arte, così i miei quadri vanno subito tutti all’estero. Ho anche pensato di fare una mostra unicamente per il pubblico di Kinshasa, ma non è stato possibile.....Conosciuto in Europa, mi sono trovato isolato a casa mia. Prima del 1982 la gente poteva vedere, davanti all’atelier, tutti i miei quadri, oggi è impossibile, non posso tenere per me i miei lavori. Ecco perché, per un anno decisi di non dare niente di nuovo in Europa.
Nel tuo lavoro appare evidente una forte attrazione per la scena, diciamo pure per il teatro; c’è il testo, parli di pubblico........
Sì, per esempio, ha dipinto un quadro: "Vivent les vacances!" che mi mette in scena mentre dico: "il faut que je prenne du recul" (debbo prendere le distanze), con questo mi riferivo alla questione di prima, di poter fare qualcosa per me e per il mio vero pubblico.
E la solidarietà con gli altri artisti del tuo Paese?
Il quadro: "Vivent les vacances", dove dico che mi debbo allontanare dagli impegni, doveva permettere agli altri pittori di farsi conoscere, e a me di essere più tagliente.
Più tagliente? Vuoi dire più rigoroso, più selettivo?
Come qualcosa che ferisce, un contenuto capace di colpire.
La questione della solidarietà con gli altri artisti di Kinshasa sembrerebbe risolversi nel fatto che venendo meno la tua presenza per un certo tempo si farebbe spazio agli altri. Si tratta di una idea della solidarietà piuttosto umoristica.....
Uno dei miei principi e l’Humor.
E gli altri?
Per me esistono tre principi: migliorare il lavoro, fare dello "Humor" e dire la verità.
La verità? ......
La critica di Kinshasa non ha mai accettato che nei miei quadri ci siano dei testi, questi critici si riferiscono alla concezione occidentale della pittura. Eppure la verità, nei miei quadri, è quasi sempre detta dai testi scritti che inserisco nel dipinto. Questi testi spesso contraddicono la scena che rappresento... Prendiamo il caso della nudità che, per uno zairese, è scandalosa: io la dipingo, la faccio vedere, poi, col testo, trovo modo di dire: "non guardatela". Mi piacciono molto questi paradossi, prima parlavo di "Humor".
Più che di paradossi si tratta di tensioni organizzate per far riflettere, come accade nel teatro occidentale. Ma, "Humor" a parte (o senso della giocosità africana) - questo procedere per contrasti per provocare la riflessione è una maniera del pensiero morale. Si tratta di una posizione morale....
Prendiamo l’ipocrisia; l’occidente ci accusa di corruzione, dopo averci imposto i suoi valori ora si assiste a questo rovesciamento perverso. L’occidente si sbarazza di un problema che è il suo spostandolo sugli altri, su di noi. Questa è l’ipocrisia e il contrasto tra la scena che dipingo e il testo scritto che inserisco serve anche a mettere in risalto l’ipocrisia.




TESTIMONIANZA D'ARTISTA
Estratti da un'intervista pubblicata sulla rivista "Kanal". Parigi Ottobre 1989.
Io credo che l'artista non possa limitarsi. Io dipingo per l'umanità, dipingo per tutti; è vero, non posso metterci tutte le lingue che si parlano nel mondo, sennò ce le metterei tutte, se le conoscessi. La mia arte è un veicolo culturale. Se ho messo il testo in francese è perchè venivo in Francia. Quando scrivo in lingala, lo faccio di solito perchè voglio presentare qualcosa al mio pubblico di Kinshasa. Non dipingo sempre solo per gli Africani. Ma posso trarre ispirazione dall'Africa per qualcosa che riguarda anche gli Europei. Io ho senso critico; certamente nella critica ci metto un po' di umorismo, ma l'obiettivo vero è mostrare il modo di vita della gente. Prima indico quello che non va, e poi, soprattutto nei miei testi, dico che secondo me le cose dovrebbero andare in quest'altro modo. Sono ottimista. Non so cosa ha sviluppato in me questa tendenza. A me piace molto mostrare cose che shoccano; so che la gente non ama dire sempre la verità e allora mi eccita dipingere proprio quello che nessuno vuole dire.

Chéri Samba



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