Il palazzetto fantasma

Di Doriano Rabotti

Sono già passati dodici anni, da quando la pallavolo sassolese di vertice morì per la prima volta. Qualcuno, forse anche al di fuori di Sassuolo, ricorederà il nome Edilcuoghi, la squadra che seppe vincere anche una Coppa Italia e che in pochi anni di permanenza in serie A1 fu in grado di assestarsi a ridosso delle società in lotta per lo scudetto.
Ma non è di storia che vogliamo parlare stavolta, in questa pagina.
Il fatto è che proprio la storia a volte si ripete: l’Edilcuoghi abbandonò il suo impegno nella pallavolo perche’ nonostante le ripetute richieste e opportunità offerte agli amministratori, nessuno aveva mai mosso un dito per darle una ‘casa’ decente. La casa, ovviamente, è un palazzetto adeguato: ancora oggi, a distanza di dodici anni, la Polivalente Paganelli rappresenta l’impianto che può contenere il pubblico più numeroso a Sassuolo. Ci sarebbe la palestra di San Michele, il cui fondo dovrebbe essere però rifatto integralmente.

Ora, questa carenza non sarebbe preoccupante, se nel frattempo a Sassuolo il volley non fosse rinato. C’è una squadra maschile, la Provenza Volley, che negli ultimi quattro anni ha perso complessivamente tre partite, nei vari campionati che dalla D l’hanno portata direttamente ai vertici della B2, dove si trova adesso.
Tra un paio di settimane la Provenza centrerà anche matematicamente la promozione in B1. E a quel punto ci ritroveremmo di fronte al dilemma: da una parte una squadra che ha i mezzi economici e tecnici per tornare almeno a livelli di serie A2, dall’altra un impianto che per le regole federali basterebbe a malapena per la B1. Lo diciamo adesso, in anticipo, per un motivo preciso: la palestra di San Michele si può benissimo riadattare nel frattempo, con una spesa infinitesimale rispetto a quella necessaria per un nuovo palasport. Non solo: a pochi chilometri di distanza, Spezzano, gioca la Cemar, squadra di pallavolo femminile che ottiene la deroga per giocare nella piccola palestra delle scuole medie ‘Bursi’ solo perchè, appunto, è in A2. Ma anche in questo caso è solo questione di tempo: già nella stagione che si sta concludendo il traguardo della promozione (già centrata in passato) in A1 è sfuggito per un pelo, ma la socetà ha strutture economiche e tecniche tali da far pensare che il ritorno nella massima serie sia solo rinviato.
A quel punto, anche la Cemar si troverebbe nelle condizioni di dover scegliere il male minore: rinunciare all’A1, dove non potrebbe giocare alle ‘Bursi’, oppure trasferirsi a Modena, dove c’è già un’altra squadra di vertice.

Due squadra, la stessa alternativa: non posso arrivare troppo in alto anche se ne hanno i mezzi, per non trovarsi costrette ad emigrare. Un solo palazzetto, che possa essere sfruttato da entrambe le società, e che non costringa ancora una volta le più belle espressioni sportive della zona delle ceramiche a chiudere per ‘indifferenza’.


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