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" La rivoluzione va in rete!"
Anna Petroni
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Ci sono tanti modi per protestare e per tentare di cambiare il mondo. Ed è bene trovarne ogni giorno di nuovi e di fantasiosi per dimostrare a chi ha perso la fiducia che la voglia di lottare si nutre anche di fantasia. Vi propongo di leggere questa storia, di pensarci su e di dirci cosa ne pensate, anche se non ne condividete l'ispirazione.
Una sera di tre anni fa, a Washington, due ragazzi ed una ragazza, amici da tempo, stanchi di organizzare sit-in e manifestazioni che finivano sempre allo stesso modo, ebbero un'idea che cominciò per scherzo. Uno di loro fece girare, durante una riunione del gruppo di militanza anarchica, un foglietto per organizzare una partita di calcio. Fin qui nulla di strano, ma la partita in questione aveva il fine di protestare contro la chiusura di un parco al posto del quale sarebbe dovuto sorgere un mega parcheggio (tipica storia americana).
Alla partita aderirono tutti e, quando cominciò, attirò una tale folla di simpatizzanti da durare tre giorni; così nacque l'Anarchist Soccer League, diventata famosa durante le proteste di
Seattle.
"Se non posso giocare a calcio, non voglio prendere parte alla tua rivoluzione". Questa frase, che riecheggia una storica dichiarazione di
Emma Goldman, leader anarchica dell'America dei primi del '900, è il motto di questo gruppo di ragazzi e ragazze che raccoglie ormai migliaia di adesioni on-line e ha sedi a Washington, a Baltimora e a Chicago.
Giocano semplicemente a calcio, perché amano questo sport e pensano che sia un ottimo modo di manifestare non-violentemente il loro dissenso. Ormai si sono organizzati e ogni domenica giocano una partitella fra amici preparandosi alla prossima protesta; così si allenano e si organizzano nello stesso tempo. Sia a Seattle (contro il
WTO) che a Washington (contro l'FMI) hanno organizzato un mini torneo fra i manifestanti per intralciare la polizia e bloccare l'accesso ai centri nevralgici del corteo. In effetti non deve essere facile attraversare un campo improvvisato, dove 22 tra uomini e donne con un aggressivo look da punk rocker o, addirittura incappucciati e mascherati in maniera piuttosto sinistra, rincorrono un pallone con il preciso scopo di sbarrarti la strada. E' un contributo come un altro alla causa per cui si lotta. Il sito della Anarchist Soccer League, oltre ad ospitare una breve guida utile su "Come dare il via ad una Lega di calciatori anarchici nella tua città", mostra le foto dell'ultimo scenario di protesta: la manifestazione di Philadelphia, il 24 aprile, a sostegno di Mumia Abu Jamal , condannato a morte per aver ucciso un poliziotto mentre il prossimo appuntamento sarà, probabilmente quello di Genova (dove dal 24 maggio al 26 maggio si svolge la mostra internazionale delle biotecnologie) per il quale stanno già pensando di mandare una "squadretta" e di contattare circoli anarchici italiani. Forse di anarchici da noi non ce ne sono poi molti, ma di appassionati di calcio sicuramente sì e chissà che non riescano a mettere su un bel torneo. Per amore dello sport e della lotta.

Anna Petroni

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A me questa storia della lega anarchica di calcio mi riporta immediatamente alle mie partitelle al villaggio olimpico, dove mi fermavo fra un capolinea di un autobus e l'altro nel lungo tragitto fra casa e scuola, che forse erano il simbolo del riflusso degli anni '80. Eppure non c'e' alcun dubbio che il giocare a pallone per strada o nei campetti sia in qualche modo un atto di per sé stesso protestatario. Ed infatti, non a caso, al villaggio olimpico di Roma il campetto dove si giocavano tutto il giorno è diventato una chiesetta.... Ma francamente non credo che questa iniziativa potra' avere un gran successo in Italia, dove il calcio è per la maggior parte degli spettatori e dei protagonisti, una religione avulsa da qualsiasi aspetto sociale o politico.
Francesco Tutino, Modena

Invece a me l'articolo non piace, non a caso è rimasto un mese senza un intervento decente e la redazione dovrebbe sostituirlo con un altro più fondato. Il problema è affrontato malissimo, con demagogica sufficienza. Lo stesso Tutino, nella speranza di far decollare gli interventi ha cambiato il suo intervento iniziale.
In particolare si vuole sottintendere che giocare al calcio rappresenti la panacea per la risoluzione dei problemi, ma non è certo così. E pretendere la rivoluzione tirando calci a una palla pare proprio superficiale.

G.Naso, Roma

03/03/2003
Sono d'accordo con Tutino, anch'io ho giocato centinaia di volte in quel campetto. Era il nostro Maracanà e lì organizzavamo le partite più importanti del quartiere. La Chiesa c'era ed era sufficiente ad accoglierci in quei favolosi anni 60-70-80
Ennio Scandozza (151.24.166.236) , Roma


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